Responsabilità sociale, per la felicità sociale
Come rilanciare un distretto che ha fatto la storia del settore calzaturiero italiano, a rischio collasso perché incapace di attrarre donne e nuove generazioni?
Ce lo spiega Luca Piscaglia, ideatore dell’iniziativa “il distretto della felicità” e titolare dello studio di consulenza Studio Piscaglia, ai microfoni
di Askanews nel corso della tappa a Rimini del Salone CSR e dell’innovazione sociale
Il primo problema individuato da Piscaglia è stato il modello rigido di organizzazione aziendale e sociale, non più coerente con la quotidianità delle persone che si sono allontanate da un’offerta di lavoro che di certo non manca.
L’organizzazione tradizionale penalizza le donne, che si allontanano sempre di più. Il grosso rischio è la delocalizzazione delle imprese, con conseguente impoverimento economico del territorio.
La questione della riconciliazione dei tempi di lavoro e vita emerge subito dopo i primi sondaggi. Rimodellare la vita della comunità, accorciare la fascia di occupazione degli orari di lavoro, in poche parole: liberare il tempo delle persone.
Per fare ciò bisogna coinvolgere imprese, enti e cittadini. Cambiare gli orari di asili, scuole, medici di base, delle banche.
L’apertura ai centri diurni per gli anziani anche ai non residenti.
Ebbene, tutto questo è stato realizzato, grazie alla disponibilità di cittadini, amministratori e imprenditori.
Il distretto della felicità adesso è un’esperienza di riferimento per altri territori dalle caratteristiche simili.
Felice è il risultato di un’economia responsabile, attenta alle esigenze dei lavoratori, rispettosa del loro tempo personale e della loro vita sociale.